La verità è che Hamas e Netanyahu si nutrono a vicenda. Per esistere hanno bisogno l'uno dell'altro.

L'odio, per esistere e rafforzarsi, ha sempre necessità di un nemico capace di odiare almeno quanto lui. Le politiche oppressive dei governi israeliani contro la prigione a cielo aperto di Gaza costituiscono il carburante per il reclutamento massiccio di terroristi e le azioni di questi sono il tesoretto del pacchetto elettorale di Netanyahu. E in queste condizioni è inutile esercizio puerile chiedersi chi ha cominciato per primo, puntare il dito, distribuire patenti di carnefici. Sembra che ciascuno non vedesse l'ora. Tragico è che tanto Hamas quanto Netanyahu rendono il peggiore dei propri servizi ai rispettivi popoli. Riescono a garantire solo paura, sofferenza, lutti e distruzioni. E sia ben chiaro che queste considerazioni non sono dettate dall'opportunità diplomatica politicamente corretta di equidistanza, quanto da una vicinanza assoluta alle popolazioni israeliana e palestinese. Per quanto possa sembrare tragico, in questi giorni si sta seminando la brutalità che si consumerà domani. La speranza è sempre che qualcuno riesca a trovare il coraggio di rinunciare alla violenza della rappresaglia, della vendetta, della violenza sorprendendo il suo dirimpettaio e sparigliando le carte.


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